Questi versi esprimono la passione per la vita, le relazioni umane, il valore di ogni incontro e la fatica dell’addio.
C’è una concretezza sensuale e una capacità visionaria; c’è l’attenzione al particolare e la considerazione per le questione “globali”.
Ghonim è figlio della sua terra, l’Egitto, ma ha saputo inserirsi egregiamente nella nostra comunità e trasportare nella nostra lingua i ritmi, le assonanze, le figure retoriche della poesia orientale (inevitabile l’accostamento del poemetto dialogato “Il mio canto” al Cantico di Salomone: “Aspettami là, accanto al pendio. / Lontano, dove non c’è nulla, / solo il chiarore della luna. / Parleremo una lingua diversa…”, “Oh se potessi / strappare il cuore dalle costole / estrarre le perle dalle mie viscere / per foggiare la rosa nei grappoli di lacrime.”). Sì, perché i suoi versi sono quelli di un poeta che vibra, si mette in gioco, si immerge nella realtà di fango e spirito che è quella dell’uomo, sa riconoscere il divino, e sa che solo con l’amore si può render bella la nostra condizione.
È una lettura a volte spiazzante per noi occidentali, ma che lascia tracce nell’anima toccando corde dal timbro profondo, ecoico, avviluppante.
Facciamo alcuni esempi:
“Si raccolgono / e allontanano la coltre dell’isolamento” (Le gambe).
“Dormono nell’amplesso dei plantari / assopite nell’abbraccio dei palmi” (Le unghie)
“Danza nella notte delle nozze” (L’utero)
“Noi, qua, soffiamo polvere, / respiriamo il suo esalare, / chiediamo all’aria un senso, / formuliamo una preghiera senza risposta” (Lettera di un amico africano).
Non è forse pieno di incisiva bellezza il verso “Le immagini sono diventate leggende”? In poche parole si arriva alla resa dei conti: un mondo (quello occidentale) che vive di apparenza e di illusioni, peraltro costruite e conservate con i “proiettili”…
Questi versi, ci ricordano la forza della parola, se non viene abusata, cioè usata soltanto per illudere e blandire diventando solo fiato privo di senso.
Poesia è fare: queste pagine fanno riflettere, fanno commuovere, fanno piacere.
Alessandro Ramberti.
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